Quella volta che sono caduta ed era Soffio

Lo scorso anno ti ho raccontato com’è nato questo vino: l’idea, le intenzioni, le preoccupazioni e la gioia di vederlo finalmente in bottiglia.
È stato il primo lavoro che io e Giorgia abbiamo svolto in totale autonomia, dalla vigna alla bottiglia: ci siamo volute lanciare verso qualcosa di nuovo, verso il nostro futuro. Ci siamo fatte travolgere talmente tanto dall’euforia che non abbiamo messo in preventivo un ostacolo. E proprio sulla strada che ci avrebbe portato alla realizzazione del nostro sogno, siamo inciampate.

A dir il vero sono inciampata, perché l’errore è stato mio. Giorgia si è presa cura di questo vino senza sbagliare un colpo. Fare il vino è proprio il suo mestiere. Io, invece ho provato a metter in gioco me stessa in un ambito che non sarebbe esattamente il mio (ho una formazione prettamente economica).
Mi sono fatta affiancare da professionisti che mi hanno aiutata a definire il
progetto, ma nel tentativo di voler combinare tutto alla perfezione ho
trascurato un “piccolo” particolare: il nome.

Semplicemente una volta cha abbiamo definito cosa questo vino rappresentasse per noi, ci siamo dette: “e ora, come lo chiamiamo?”. Le idee erano talmente chiare che quel nome, Soffio, c’è sembrato naturale. E proprio lì mi sono fatta ingannare: non ho verificato se quel nome fosse già di proprietà di qualcun altro, se fosse registrabile, se lo potessi realmente
utilizzare
. Il cuore mi diceva che Soffio sapeva raccontare perfettamente tutte le emozioni che stavamo per mettere in bottiglia.

A distanza di qualche mese dalla messa in vendita, abbiamo scoperto che esisteva già una bottiglia con quel nome: il proprietario del marchio ci ha contattate per chiederci di smettere di utilizzarlo, in quanto quel nome che ci sembrava così tanto nostro era di fatto di sua proprietà.

In quei giorni il mondo si stava risvegliando dopo mesi di tregua (era inizio estate 2020), le vendite stavano andando a gonfie vele, centinaia di bottiglie erano in viaggio per raggiungere destinazioni diverse del mondo. Per un attimo e anche qualche attimo, dopo ho sentito quello stesso mondo crollare sotto i piedi.

Credo di avertelo già raccontato: quando eravamo piccole la mamma ci vestiva con vestitini di pizzo, gonnelline svolazzanti e collant con i fiocchetti. Puntualmente si raccomandava di fare attenzione, di non bucare o macchiare gli abiti d’erba. Io puntualmente cadevo e bucavo le calze nuove (sono ipermetrope, ma all’epoca non lo sapevano). Ecco, in quel momento mi sono sentita così: a terra con le ginocchia sbucciate e i collant bucati.

Giorgia, incredula al mio fianco, pregava che da un momento all’altro tirassi fuori una soluzione. È sempre convinta che io abbia ne abbia una per tutto, ma in quel momento non riuscivo proprio a vedere vie d’uscita.

Nel giro di qualche giorno l’avvocato aveva trovato una soluzione dal punto di vista legale, ma restava il fatto che per la nuova annata quel nome non l’avremmo più potuto usare. “Come faccio ora a cambiare il nome di un prodotto che ho appena lanciato? E poi come lo chiamo?”

Ricordo perfettamente le parole di Clarissa (Segui le Briciole): “A me viene in mente solo una persona che ci può aiutare: Chiara, BalenalaB”. Chiara è una professionista, una verbal designer. Ricordo di aver letto nel suo incipt: “Do nomi alle cose, a volte do anche i numeri”, ho sorriso e mi sono detta: “lo so che tu hai la soluzione”.

E così a distanza di pochi giorni da quella caduta mi sono trovata a spolverarmi le ginocchia: avevo davanti a me la mano tesa di Chiara e un questionario, Marino, che mi ha guidata verso un nuovo inizio.

Sai come si dice? Non tutti i mali vengono per nuocere. Ecco, mentre rispondevo alle domande di Marino realizzavo quanti piccoli dettagli avevo trascurato, quante cose quel nome non era in grado di dire e quante, invece avrei voluto ne dicesse. Mi sono sempre detta, “è solo un nome”, ma prova a pensare: quanto un nome evoca il significato di ciò che rappresenta?

Abbiamo ricevuto da Chiara cinque proposte più una: sei nomi, ognuno aveva qualcosa da dire. Nessuno è stato scartato a priori. Per giorni li abbiamo pronunciati, testati, scritti, ci abbiamo giocato e, come dice Chiara, li abbiamo provati sulle labbra.

Uno su tutti ci ha rapito dal primo istante e soprattutto ci ha messo tutti d’accordo.

Còralin.

Quel nome era in grado di dire tutto:

cuore, il luogo da dove eravamo partite;

corale, come la forza di tutte le decisioni che prendiamo insieme;ù

corallino, come il colore delle sue uve.

Ora Còralin è in vendita, lo puoi ordinare contattandoci direttamene su WhatsApp: te lo invieremo a casa.

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